Viaggio ad Auschwitz
40 pannelli con foto scattate ad Auschwitz nell’estate del 2005
Con il loro sguardo, che riflette lo sbigottimento di chi si trova nei luoghi dell’«estremo», Luigi e Tonia ci conducono dentro il «buco nero» di Auschwitz, laddove è avvenuto l’impensabile.
Gli occhi si posano sui barattoli dello Zyklon B, sugli oggetti e gli indumenti di cui venivano privati i deportati, sulle rotaie lungo le quali avanzavano i convogli stracolmi di un’umanità umiliata e ferita, sulla luce che filtra all’interno delle baracche, l’unico quanto inconsistente spiraglio in un ambiente dove aleggiavano incessantemente morte e violenza.
Si vedono visitatori aggirarsi tra un blocco e l’altro, ma non gli uomini e le donne che a centinaia di migliaia hanno popolato, in condizioni di bestiale cattività, lo spazio segregato di Auschwitz. Non ci sono, non possono esserci, perché sono scomparsi nel nulla, sono stati tramutati in cenere passando per il “camino”. Quel “camino” che lugubremente – come testimonia l’immagine più evocativa – incombeva giorno e notte su coloro che erano tenuti nella più disperante schiavitù. Si intravedono soltanto delle ombre confuse, nell’atmosfera spettrale del crematorio. Quelle ombre che svaniscono sulle banchine dell’arrivo, dove medici e ufficiali SS esercitavano arbitrariamente il loro potere, stabilendo chi dovesse morire subito e chi fosse condannato ad una più lenta e atroce fine. Sono queste alcune delle emozioni che suscitano le foto di Luigi e Tonia e che inducono a meditare ancora una volta su Auschwitz, «l’evento da cui non si può prescindere per giudicare il presente» (Jean Améry), ormai metafora e simbolo di un genocidio le cui dimensioni rinviano al tema della «colpa collettiva», che chiama in causa l’articolata ed estesa rete approntata dai funzionari del crimine, nonché l’ampio fenomeno del collaborazionismo in gran parte d’Europa.
La mostra è a cura di Luigi Donadio e Tonia Pizzorusso (con un inquadramento storico di Francesco Soverina).