La Quarantana o quaresima
Quarantana o Quaresima, deriva dal latino “quadragesima dies”, è un fantoccio di stoffa o di paglia raffigurante una vecchia che, per bruttezza e abbigliamento, ricordava la Befana. Gli stracci neri di cui era solitamente ricoperta avevano un significato pagano e uno cristiano: da una parte, infatti, Quarantana era considerata vedova di Carnevale e perciò era vestita a lutto; dall’altra parte, la bambola simboleggiava la tristezza della Quaresima (il periodo di penitenza e astinenza di quaranta giorni a partire dal mercoledì delle Ceneri), tempo dedicato alla preghiera e alla meditazione sulla morte di Cristo. Anche il fuso e la conocchia avevano un duplice significato e richiamavano alla mente sia la laboriosità delle donne, dedite alla lavorazione della lana, sia il trascorrere del tempo, anticamente simboleggiato dalle tre Parche Cloto, Lachesi, Atropo, che tessevano il filo della vita.
Al suo interno Quarantana aveva un bastoncino di legno alla cui estremità inferiore era conficcata una patata nella quale venivano inserite sette penne di gallina o di gallo, sei delle quali nere e una bianca: i giovani ne estraevano una ogni domenica fino a Pasqua, quando si sfilava l’unica penna bianca e si aprivano i festeggiamenti per la Risurrezione di Cristo. In altre località, invece, la patata era sostituita da un’arancia, frutto tipico dell’inverno che stava per terminare, o accompagnata da un’aringa, simbolo dell’astinenza dai cibi prelibati. Non solo: in alcuni casi Quarantana veniva data addirittura alle fiamme quando, terminato il Sabato Santo, le campane potevano suonare a gloria.
Ma dove era possibile incrociare Quarantana? La bambola era solitamente appesa ai balconi delle case proprio come gli oscilla, oggetti che gli antichi romani annodavano alle fronde degli alberi durante le feste dedicate al dio Bacco, per allontanare gli spiriti maligni. In altri casi Quarantana era appesa alla parete della casa o della bottega con una doppia finalità: non solo scandire i giorni fino a Pasqua, ma anche ricordare il divieto di mangiare carne il venerdì e l’obbligo di partecipare alla Via Crucis ogni settimana.
La tradizione legata a Quarantana sembrava essere stata definitivamente smarrita. Invece eccola riaffiorare in alcune località del sud dove i riti legati alla Passione e Morte di Cristo sono vissuti con particolare intensità. Prima fra tutti la penisola sorrentina, nota nel mondo per le suggestive processioni del Venerdì Santo, ma anche in diversi centri della Puglia e della Calabria, dove non è raro alzare lo sguardo e scorgere la bambola della Quaresima appesa a un balcone. Sempre nell’Italia centro-meridionale sono diffuse molte filastrocche, spontanee creazioni del volgo, che mirano a puntualizzare il digiuno, la povertà dei cibi e l’astinenza dalla carne. Queste si avvalgono di un linguaggio dialettale a volte colorito, di un ritmo cadenzato, di rime, assonanze e consonanze, che ne facilitano la memorizzazione.
Tra le tante ricordiamo quelle che più si sentono nella vicina Nola:
– “Quaravesema quarantana
sette dummeneche e sei semmane”.
– “Quaravesema secca, secca,
damme ‘nu sordo ‘e fiche secche,
e si nu’ mme ddaje bbone,
Quaravesema mariola”.